In questo dramma politico-sociale, Hauptmann racconta la rivolta dei tessitori in Slesia nella prima metà dell’800, descrivendo la terribile miseria in cui versavano e la dura lotta per la sopravvivenza, che portarono alcuni a rassegnarsi passivamente, attendendo la morte come un’amica, altri a rivoltarsi ai fabbricanti e a commettere atti di violenza al fine di garantirsi un’esistenza migliore.
“Un vero fabbricante tiene sotto di sé due-trecento tessitori con la semplicità con cui beve un uovo fresco. Non lascia loro nemmeno un paio di ossa da rosicchiare. Una creatura siffatta ha quattro stomaci come una vacca e zanne affilate come quelle di un lupo (…)”.
In quest’opera fondamentale del teatro naturalistico tedesco, tanto da essere ritenuta eversiva e pericolosa per la stabilità morale e sociale, lo sguardo disincantato dell’autore pone al centro la massa, donne, uomini e bambini pallidi, emaciati, perennemente affamati, la cui condizione si staglia in aperto contrasto con la cricca dei fabbricanti, circondati dal lusso e adagiati in un benessere a cui per nulla al mondo intendono rinunciare.
Un’aspra critica alla tirannia che porta all’annientamento di ogni senso di umanità e di coscienza.
Gerhart Hauptmann (1862 – 1946) è stato un poeta, drammaturgo e romanziere tedesco, insignito, nel 1912, del premio Nobel per la letteratura.
Tra le sue opere, Il casellante Thiel (1888), La festa della pace.