“Si può edificare la propria vita insieme basandosi su pensieri lieti e colmi di sentimenti, sulla convinzione che anche in pieno deserto possano sbocciare i fiori e che due cuori possano battere all’unisono per tutta la vita (…) Oppure, la si fonda su una serena, cordiale corrente di amichevole rispetto, che può onorare una compagna molto più di quanto possa fare l’allegria di un sogno confuso”.
Ne La commedia dell’amore (1862) Ibsen contrappone il romantico idealismo di Falk e Svanhild alla rigidità conservatrice di tutti gli altri personaggi, degni rappresentanti della società del tempo, pronti a scagliarsi all’unanimità contro chi insinua l’ombra del dubbio in ciò che la consuetudine ha elevato a incrollabili certezze.
L’autore denuncia così la “menzogna vitale” sulla quale qualsiasi relazione coniugale è basata, mettendo in scena una crudele e ironica satira contro l’amore borghese, destinato a scemare con il fidanzamento e a concludersi non appena costretti nel vincolo matrimoniale.
Henrik Ibsen (1828 – 1906) fu un poeta e un drammaturgo norvegese, considerato il padre della drammaturgia moderna. Tra le sue opere: I pretendenti al trono (1863), Casa di bambola (1879), Hedda Gabler (1890).