Le vicissitudini quotidiane, semplici e nel contempo dense di significati umani e sociali dei personaggi che popolano le paludi, le fattorie e i borghi della campagna toscana alla fine dell’Ottocento.
Queste brevi storie, che alternano tratti comici ad altri fortemente drammatici, meravigliano per l’attualità che, a distanza di un secolo, vi si rispecchia. Dalla polemica anticlericale espressa in Il merlo di Vestro, alle note satiriche di Scampagnata, alla malinconia sfuggente de L’oriolo del cuculo, alla miseria dei migranti in Vanno in Maremma, Fucini ci accompagna, passo dopo passo, in un viaggio nelle meravigliose terre di una Toscana che, seppure attentamente celata, ancora esiste.
“Seduto sull’argine erboso d’un canale, lasciavo correre l’occhio smarrito su quella immensa superficie d’acqua stagnante e di lunghe cannéggiole, e fantasticando dinanzi a quel malinconico quadro, richiamavo alla mente i più minuti ricordi della prima giovinezza, e per un misterioso fenomeno psicologico, anco le più liete memorie prendevano in me in quel momento l’aspetto di tristissime cose. E mi sentivo stringere il cuore, e quasi avrei pianto senza saperne di perché”.
Renato Fucini (1843-1921), poeta e scrittore italiano, noto anche con lo pseudonimo di Neri Tanfucio, divenne uno dei più influenti autori toscani. Tra le sue opere ricordiamo: Cento sonetti in vernacolo pisano (1872), All’aria aperta (1897) e Lettere all’amico dei Fichi d’India (1943, postumo).